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Addio, cinema italiano!

Una schifezza tira l’altra, come le ciliegie.
E così, per quanto ogni tanto e per strane congiunzioni astrali viene fuori un film davvero buono, esce l’ennesima pellicola italiana da buttare nel cesso.
Parlo di Fuori, di Mario Martone che, volendo, fa schifo tanto quanto il film su Berlinguer di Andrea Segre.


Un film che, volendo, un po’ fa il verso alla Salis in quanto parla di Goliarda Sapienza (un po’ attrice, mezza scrittrice, lesbica e soprattutto antifassista, perfetta per i film di oggi) e della sua “lunghissima” reclusione di cinque giorni nel carcere di Rebibbia per furto e rivendita di gioielli con falso nome.
Nel film c’è praticamente tutto il programma del PD: sì al crimine, no al carcere perché spersonalizza le persone “colpevoli” solo di avere commesso un criminuccio (e che sarà mai), sì alle storie lgbtxyz perché oggi se non c’è woke non va bene, sì all’antifassismo perché anche se siamo nel 2025 il fassismo non è mai finito in barba alla Storia!
E poi c’è pure Elodie che non ha studiato (sennò si sentiva non accettata), non sa cantare e manco recitare: mostra giusto il cu*o in segno della lotta femminista al patriarcato.
Ovvio.


Il film lo lascio perdere, non vale nemmeno la pena di recensirlo perché fa schifo.
Ci tengo invece a dire che Fuori è l’ennesima riprova che il cinema italiano è fallito.
E dire che prende anche un sacco di aiuti da noi lavoratori e pensionati, gente che si fa (o si è fatta) il cu*o per guadagnare soldi che poi non vede nemmeno perché bisogna aiutare gli stranieri, bisogna pagare l’UE, le armi, l’ecoansia, le pandeminkie e svariate ca**ate fra cui anche il cinema.

Ma dove se n’è andato il buon cinema italiano di una volta, quello che ci ha reso famosi in tutto il mondo?
Fellini, Monicelli, Rossellini, Totò, Anna Magnani, Virna Lisi, Sophia Loren, Gino Cervi, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Vittorio De Sica, Alberto Sordi e tanti ma tantissimi altri nomi (chiedo scusa se non li scrivo tutti), artisti veri che sapevano fare il loro lavoro, che amavano farlo, sono spariti.
In cambio abbiamo ottenuto filmetti insulsi che non dicono nulla e che pensano di tenere testa al colosso di Hollywood (badate che pure lui spesso fa schifezze, in ogni caso) in una battaglia già persa in partenza.
E dire che potremo farne, di buon cinema, che di argomenti ne abbiamo da vendere!


Sapete qual è la soluzione al problema?
Basta dare soldi al cinema e basta anche pagare quell’inutile tassa chiamata Canone Rai che serve a tutto fuorché alla tv pubblica che di pubblico non ha più nulla (per chi non lo sapesse, un tempo la tv era pubblica perché non c’era pubblicità ed era pagata dai cittadini. Ora diamo i soldi per un ca**o e la pubblicità è anche meglio dei prodotti Rai).
La salvezza del cinema, ma anche della cultura in generale, ci sarà solo quando lo Stato dirà: vuoi fare un film? Arrangiati e trova i soldi.
Allora sì che le cose miglioreranno.



5 commenti:

  1. Mi dispiace sentirti delusa.
    Siamo punto è a capo
    Quei pochi che hai nominato, è gli altri non nominati ........non hanno quella fantasia di tramutare una triste realtà che fa schifo.
    Non c'è nemmeno l'immaginazione di una trama più o meno fantastica .........nemmeno nell'orror.
    Mi voglio augurare che almeno nel pornografico vi sia un buon contenuto di qualche regista.
    E' una domanda che mi faccio, ma non vado al cinema, la realtà giornaliera è più avvincente.
    Ti auguro una buona domenica Nata Complicata

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    1. Guarda Giovanni, a questo punto la tua domanda è più che lecita.
      Meno male che i film li guardo in tv, con Sky, almeno pago solo l'abbonamento e siamo a posto.
      Se dovevo andare al cinema mi sarei arrabbiata ancora di più.
      La realtà, nel bene e nel male, comunque è sempre meglio.
      Ciao!

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  2. Non addito nessuno, ma dico in piena coscenza che questi nuovi registi ......... cercano di imitare il regista tizio o caio ......è sulle imitazioni, non viene fuori il senso del Regista. ....... questo è quello che penso nella realtà.

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  3. Non conosco, ma quasi sicuramente hai ragione

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