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IT: sfida all'ultimo clown

 

Ve l’ho detto una volta, ma ripetere non fa mai male.
Non sono una fanatica di Stephen King. Ma se è per questo nemmeno di James Patterson, Patricia Cornwell, Jeffery Deaver e via dicendo.
Il motivo è abbastanza semplice, gli scrittori troppo proliferi spesso creano opere altalenanti: alcune sono indimenticabili, altre da dimenticare.
Preferisco quelli che non scrivono troppo ma quando creano qualcosa, lo fanno davvero bene.
Il mio approccio con King è stato poi problematico fin dal primo libro, dal momento che ho iniziato proprio con IT.


Iniziare con quello che è il capolavoro di un artista è sempre un guaio, perché dopo niente sarà alla sua altezza.
È di IT che stavolta voglio parlare.
Non del libro, ma dei due film che hanno fatto.
Non aspettatevi che li paragoni con il romanzo (magari solo un accenno se necessario) perché è una sfida persa in partenza.
La mia sarà un’analisi fra IT del 1990 e IT anni 2000.

IT del 1990, girato da Tommy Lee Wallace, doveva essere un film ma la durata troppo lunga per i tempi (tre ore, come Oppenheimer di Nolan o come quasi tutti i mappazzoni Marvel e DC) decretò la sua fine a miniserie televisiva in due parti.
Per quanto datata e con diversi difetti, questa miniserie è la più fedele al romanzo di King.
Anzitutto riesce là dove Muschietti ha fallito: nel giostrare le scene tra passato e presente, proprio come fa il libro, in modo da avere una narrazione omogenea e comprensibile.
Gli effetti speciali, per l’epoca, sono molto efficaci al punto che IT del 1990 viene ancora riconosciuto dai fan di King e dal pubblico come la pellicola più terrificante ispirata alle opere del Re.
Rispetto al libro viene tagliata una delle scene più significative: quella in cui Bev e i ragazzi fanno sesso per cacciare via e sconfiggere per la prima volta Pennywise.
Sia Wallace che King non approvarono la scelta, ma avevano le mani legate e non poterono fare nulla.
Si respira un’atmosfera inquieta, di paura, tutto grazie alla bravura di Tim Curry.
È lui, infatti, a dare vita al migliore Pennywise di sempre: freddo, spietato, sadico, diabolico e soprattutto irriconoscibile.
È questo che fa ancora paura oggi, non sapere chi si celava davvero dietro quella maschera.


E qui bisogna fare una precisazione.
Anche se c’è una forte componente fantasy/horror, se si legge davvero bene il romanzo e si va oltre le sovrastrutture, si capisce che IT (o Pennywise) non è né un mostro né un alieno dai superpoteri.
È un pedofilo a guida di un gruppo di pedofili.
Sono persone che, con la scusa di un circo itinerante, si muovono dalla fine del 1700 nella East Coast a caccia di bambini e in cerca di futuri pedofili a cui dare la loro eredità.
Billy, per esempio, non è una vittima.
È il prescelto di Pennywise, destinato a diventare un pedofilo come lui.
Per fortuna Billy si ribella e da lì inizia la caduta di Pennywise.


Ma torniamo al cinema e parliamo di Muschietti.
Ho sentito un sacco di critiche positive sui suoi film... ma scherziamo?
Il film è diviso in due parti, una solo coi ragazzi protagonisti e l’altra con gli adulti.
Questo sballa la narrazione, in quanto si perde quel pathos che dà il film anni Novanta con il suo avanti e indietro (fedele al romanzo) su scene cardini della storia.
Il Capitolo Uno è stato traspositato negli anni Ottanta, mentre la storia vera è ambientata nel 1957.
Questa ambientazione postdatata è una cosa che solo i nerd malati di anni Ottanta hanno apprezzato, perché il film è strapieno di riferimenti a fumetti, film, brani musicali, videogiochi e tutte le ca***te di quegli anni: è un amarcord per chi ancora si rifiuta di capire che il mondo è andato avanti.
Inoltre non aiuta con la storia di Pennywise, perché negli Stati Uniti degli anni Ottanta esisteva già una presa di coscienza dei crimini a sfondo sessuale contro i minori e anche il famoso Amber Alert per denunciarne la scomparsa (nel 2002, sarà esteso a tutti gli Stati membri).
Perciò la figura del clown che rapisce e uccide i bambini, che senso ha?
Nessuno, se ci si ferma ad analizzare la storia e si tralascia la parte nerd che ormai ha stancato come il woke.

Il Capitolo Due di Muschietti è ambientato ai giorni nostri e, secondo me, è la peggiore pellicola realizzata su Pennywise e i Perdenti.
È tutto un jumpscare, le scene diventano senza senso e soprattutto non c’è alcun legame con il romanzo.
La storia si perde in spezzoni inutili, lasciando l’idea di aver perso tempo nel vedere il film. Pennywise, interpretato da Bill Skarsgard, non è all’altezza di Tim Curry.
Questo clown è un demente senza senso, atto a far spaventare senza un reale motivo. Manca in lui quel sadismo, quella motivazione crudele, quel “potrei essere chiunque” che invece Tim Curry ci ha dato e per cui ci fa ancora rabbrividire.


In sostanza, IT del 1990 è per me la migliore pellicola realizzata.
Non è come il romanzo, questo è certo, ma senza dubbio i brividi sa metterli eccome nonostante siano passato più di trent’anni.

6 commenti:

  1. Ho trovato IT di Muschietti molto fuori tono, non ho apprezzato il cambio di epoca perché rende la storia poco credibile e nemmeno il fatto che certi personaggi (come Mike) siano stati stravolti.
    E vogliamo parlare di Bill e Pennywise nel labirinto degli specchi? Ma quando mai!
    Vince Tim Curry, a man bassa.
    Ciao.

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  2. Rivedo ancora IT del 1990 e quel brividino il grande Tim Curry te lo mette tutto, come accade quando rileggi il libro.
    Ho visto Muschietti e mi sono addormentata.
    Sai cosa non va nella dilogia di Muschietti? La CGI che è esagerata, il fatto che Pennywise non spaventi per niente e soprattutto non avere colto il senso del libro: al di là dell'horror, IT è una storia di formazione.
    È l'arrivederci all'infanzia, è il percepirci come adulti e scoprire una nuova vita.
    Ti abbraccio.

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    1. Sai cosa non va nella trasposizione a film dei libri di King? Tutto, nei libri di King anche il più insignificante dei particolari non lo è, e nei film non riesconono a metterli in evidenza.
      Ricambio l'abbraccio!

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