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The mentalist: e ora che ne faccio?

Vi è mai capitato di non riuscire a dare un giudizio preciso su qualcosa?
A me è successo con la serie The Mentalist.



Tutto è cominciato quando ho visto uno stralcio di episodio sul canale Top Crime: il sorriso del bellissimo e bravissimo attore Simon Baker mi aveva conquistata al primo sguardo e così mi sono guardata tutta la serie in streaming.



La storia è la seguente: Patrick Jane, un sensitivo (anche se lui nega fino alla fine e si definisce a volte un imbroglione, a volte un mentalista, a volte un osservatore e a volte non si sa), viene invitato in televisione a parlare del famoso serial killer John il Rosso.
Reo di averlo definito un imbroglione e un uomo triste, Patrick paga con il terribile omicidio della moglie Angela e della figlia Charlotte.
Dopo essere andato in stato catatonico ed essere stato ricoverato in un ospedale psichiatrico per due anni, si fa assumere come consulente dalla CBI per risolvere omicidi in cambio di poter avere accesso alle informazioni su John il Rosso e poter indagare su di lui.
E fin qui tutto bene.
Nella prima stagione impariamo a conoscere anche i membri del CBI che sono:
-Teresa Lisbon, capo della squadra che poi nell’ultima stagione diventerà la moglie di Patrick
-Kimball Cho
-Grace Van Pelt
-Wayne Rigsby.

Attorno al CBI girano svariati personaggi fra cui Brett Styles che sta a capo di una supermega setta con l’occhione che ti guarda che si chiama Visualize e che sembra un po’ Scientology (quel tanto da farti dire “accidenti, è proprio un copia incolla!”) e che ha particolarmente a cuore Patrick.
Brett che sa tutto di John il Rosso e che, come si intuisce nella serie anche se non viene detto in modo esplicito, sembra essere il vero padre di Patrick che (pure questo è un detto non detto) prenderà il posto del padre anche se non metterà mai piede nella Visualize e lascerà la gestione al suo segretario.
Ma purtroppo, e questo è un vizio della serie, è tutto un non detto non detto.
È una serie che va per intuizione.



Ripeto, fin qui in teoria tutto bene.
Cosa non funziona?
Proprio le stagioni in sé, almeno le prime cinque.
Cerco di spiegarmi: il filo conduttore della serie è la caccia a John il Rosso e alla sua rete di assassini, delatori, ladri e chi più ne ha più ne metta che sono al suo soldo.
Per realizzare qualcosa del genere occorreva anzitutto un ritmo serrato, pieno di colpi di scena, di trappole, di pericoli.
Bisognava creare un background con il passato di John il Rosso contrapposto a quello di Patrick.
Invece niente.
La serie, che inizia fra l’altro con un abbozzo di scenografia dal momento nell’anno 2007/2008 c’era stato uno sciopero degli scenografi, parte con Patrick che già lavora per il CBI e non si sa nulla di come c’è arrivato né di cosa sia successo dopo l’omicidio della sua famiglia: questo sarà abbozzato solo nell’episodio 100 ma mai davvero approfondito, sempre sull’onda del detto non detto.
Anziché dare la caccia a John, cosa che rimane del tutto marginale, ci troviamo davanti a delle “puntate schemino”: omicidio, squadra del CBI che non sa risolvere nulla, arriva Patrick e risolve tutto meglio di Lie to me, Jarod il Camaleonte e il Tenente Colombo messi insieme.
E tu rimani lì, un po’ annoiato perché le cose ripetitive alla lunga stancano, a chiederti se e quando arriverà il momento di John.

E Patrick?
Un altro mistero.
Patrick è un enfant prodige con le capacità mentali del Professor X degli X Men che cresce insieme a un uomo (che poi si scoprirà non essere il padre biologico) in un circo nomade e che un bel giorno diventa un miliardario con mega villa, moglie, figlia, che va in televisione, cura la gente, ha persino aiutato il Presidente e...
E ha ottimi rapporti con la famosissima Visualize!
Talmente buoni che se anche finge con il CBI di non conoscere Brett Styles, in realtà lo vede spesso, parlano di John il Rosso e quando Brett è nei guai, Patrick ribalta la Visualize come un calzino dimostrando di essere il nuovo padrone di casa.
Al punto che, alla morte di Styles, il segretario della Visualize dirà di amministrare la chiesa ma non di esserne il nuovo capo.
Il tutto mentre Patrick sta sempre sulle sue e afferma la non esistenza dei sensitivi.
Un po’ lapalissiano.



Ma passiamo al CBI.
Giuro che non ho mai visto una squadra di detective più incapaci sulla faccia della Terra.
Prima di Patrick, come si evince nell’episodio 100, risolvevano forse un caso l’anno.
Poi arriva Patrick e... magia! Ecco che il CBI risolve un caso dietro l’altro: Patrick sa tutto, sa anche chi è l’assassino prima che lo capisca l’assassino stesso.
A volte lo rivela perfino all’inizio della puntata, così non c’è nemmeno il gusto di seguirla.
Chi sono però gli agenti del CBI?
Iniziamo dal capitano Teresa Lisbon, che secondo me ha la luna storta ogni giorno dell’anno ed è così poco antipatica che in confronto ricevere una mazzata sui denti è più piacevole: mi ricorda la famosa professoressa Umbridge di Harry Potter, per dirne una.


Teresa è micidiale: ha un atteggiamento infantile, polemico, non sa nulla del caso, non indaga, ha l’intuito di un’ameba eppure va a colpo sicuro arrestando persone a destra e sinistra, salvo poi sbagliare sempre finché Patrick non le toglie le castagne dal fuoco.
Però poi nella stagione 6 diventa il primo agente dell’FBI senza addestramento e riceve elogi come se non ci fosse un domani.
Se ha una storia d’amore o è attratta da Patrick non si capisce, non c’è una minima traccia di sentimento fino a quando tutto viene fuori all’improvviso nella stagione 6 e nell’ultima stagione lei sposa Patrick e rimane incinta.
Salute.

Poi ci sono Rigsby e Van Pelt. Lui è l’agente alto, aitante, tutto muscoli e zero neuroni.
Lei è la strafiga “che ci deve essere in ogni serie”, la ragazza di campagna che arriva in città e trova il principe azzurro.
Vorrei dire di più, ma guardate qui sotto per capire a che livello siamo.


L’unico membro della squadra che mi piaceva era Cho.
Intelligente, ottimo osservatore, di poche parole (ma quelle che dice sono buone), diretto, ligio al dovere e fedele come un samurai.
Il Pai Mei del CBI, insomma.
Meno male che poi lo ritroviamo anche nell’FBI, nella stagione 6!



Ed eccoci alla triste e loffia ballata di John il Rosso (fra l’altro il personaggio è ispirato a un vero serial killer che però, per fortuna, non ha mai ucciso dei bambini), la cui origine del nome è sconosciuta e non giustificata dal fatto che col sangue delle vittime disegni uno stupido smile su ogni singola scena del crimine.
Di John si sanno poche cose: che sono anni che uccide, che ha una rete di “dipendenti” che arriva quasi ovunque (di cui molti sono anche nel CBI e nell’FBI, proprio come i membri della Visualize) e che è così spietato da aver ucciso in modo barbaro anche una bambina di 9 anni. In confronto a lui persone come Il Signor Graffio, Hannibal Lecter o Dexter hanno tutto da imparare, insomma.
Siccome le sue comparse nella serie sono pochissime, si inizia a congetturare sulla sua vera identità arrivando a pensare che possa essere Brett Styles o addirittura Patrick stesso.
Poi, finalmente, quando deve arrivare il momento dello scontro finale...
Puff, viene fuori che John il Rosso è Thomas McAllister, sceriffo di campagna apparso una sola volta nella stagione 1 e morto in un’esplosione, particolare da nulla che gli autori si sono dimenticati.



Un imbe****e qualsiasi senza arte né parte, con la fobia dei piccioni.
Tra l’altro la cosa peggiore di tutte è che non c’è niente: tensione, lacrime, colpi di scena, bene vs male, redenzione, scontro finale.
Il vuoto cosmico.
Patrick incontra infatti John al cimitero dove sono sepolte moglie e figlia, quando discutono nella piccola chiesa gli tira addosso delle briciole che non si da dove ha preso per attirare su di lui dei piccioni mai visiti prima, si rincorrono fuori dall’edificio e quando è a terra John piange implorando di non essere ucciso.
Poi Patrick lo ammazza, telefona a Teresa per dire che ha finito con John e se ne va.



Ma proprio qui inizia la parte davvero interessante della serie.
È assurdo ma senza John il Rosso tutto fila liscio che è una meraviglia.
Patrick se ne sta per due anni su un’isola in centro America finché l’agente dell’FBI Abbot non decide di andare a prenderlo insieme a una collega per chiedere la sua collaborazione nella risoluzione di alcuni casi.
Dopo un tira e molla sulle condizioni e qualche giorno di carcere (più che un carcere sembrava una hotel 5 stelle), Patrick ottiene ciò che vuole: lavoro, libertà e Teresa al suo fianco.
E qui, insieme a Teresa, Cho e alla nuova squadra, Patrick dà il meglio di sé.
Risolve casi, fa catturare due serial killer e, ciliegina sulla torta, riesce a sposare Teresa (che qui è diventata anche simpatica, accidenti!) dalla quale avrà un figlio.
Il tutto in... più o meno venticinque puntate, forse anche meno.


Personalmente da una parte sono stata contenta, ma dall’altra ci sono anche rimasta male perché è stato tutto troppo affrettato.
Mettiamoci anche la sensazione che se non c’era John il Rosso la serie poteva scorrere liscia come l’olio e poteva anche essere una bomba...
Sono così giunta all’amletico dubbio.
Che faccio di questa serie?
Le do un voto medio?
La tengo?
La butto?

(Nota finale: metà del cast di questa serie è composto da attori che hanno interpretato un'altra serie famosa, Supernatural, di cui però non vi parlerò perché è più complicata di Harry Potter e Il segreto messi insieme. Che dire?)



4 commenti:

  1. il brutto delle serie in serie: annoiano. Un episodio ogni tanto è pure gradevole, ma la ripetizione un pantano...

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    1. Quelle che mi piacciono sono davvero pochissime, in effetti. Ma siccome devo recensirle, mi toccano pure i pantanoni!

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  2. Io ci sono rimasta male quando col Rosso non si è risolto niente.
    Pippate di intere stagioni e poi?
    Niente.
    Ti abbraccio.

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    1. Pensa a me, a quanti me ne sorbisco di pipponi...

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