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Pinocchio: più cringe di così non si può

Io non mi fido.
Per natura non mi fido delle recensioni che pendono tutte da una parte oppure dall’altra: non esiste qualcosa che piaccia a tutti senza che qualcuno esprima un parere contrario, e viceversa.
Penso sempre, siccome siamo gli uni diversi dagli altri, che ciascuno ha una sua opinione riguardo qualcosa e per questo esistono tantissimi pareri.
Motivo per cui ho distorto il naso nel momento in cui Pinocchio, di Guillermo del Toro, è stato lanciato da Netflix e ha ricevuto solo recensioni positive.

Che dire positive è in realtà un eufemismo: la pellicola è stata incensata, posta sull’altare del bello a prescindere e preclusa a ogni genere di critica.
Un po’ come, in senso inverso, era avvenuto con il film Il filo invisibile di cui vi ho parlato, che è stato massacrato dalla critica senza un reale motivo e che io, invece, ho apprezzato molto.



Perciò mi sono presa un pochino di tempo e con mia nonna mi sono messa a vedere questo pluriosannato film.
Iniziamo dalla tecnica, la stop motion ovvero l’uso di oggetti inanimati che vengono fatti muovere un po’ alla volta, che soppianta la tecnica del disegno.
A me non piace.
Mi dà fastidio.
Io che sono abituata ai cartoni animati disegnati, soprattutto quelli giapponesi che sono sacri e guai a chi li tocca, mal tollero che a una certa a qualcuno sia venuta la sbrocca di creare questi cartoni “pongati” che non sono né cartoni né film reali.
Simpatici come una supposta su per il larallù.



Questo, però, è il minore dei mali.
Pinocchio è un romanzo di Carlo Collodi (nome reale Carlo Lorenzini) pubblicato a Firenze nel 1883.
Tenete a mente questa data.

Del Toro ambienta Pinocchio durante l’epoca fascista.
Sì, avete capito bene. Non siamo negli anni di Cuore, nella giovane Italia neonata che stava muovendo i suoi primi passettini.
Qui siamo ai tempi di “libro e moschetto, fascista perfetto”.
Motivo?
Dice Del Toro di voler creare un mondo dove tutti si comportano come burattini e l’unico burattino invece agisce di testa sua.
A me fa molto cringe, ma proprio a balla.
Del Toro, se non lo sai, c’è tutta una branca della fantascienza che tratta questo tema e si chiama distopia: inizia con un bel Kurt Vonnegut, spazia da 1984 a Blade Runner, e via dicendo fino a oggi che c’è un surplus che nemmeno le offerte del Lidl Deluxe.
E quindi Pinocchio è già stato calpestato.
Se poi Del Toro voleva criticare il nostro paese, guardi cosa accade in Messico perché sono messi peggio di noi.



Passiamo ai personaggi: Geppetto è un alcolizzato.
Ma quando mai????
Eh no, a Del Toro piace che Geppetto abbia un rapporto costante con l’alcol, senza se e senza ma. Inoltre ha perso Carlo, il suo adorato bambino.
Peccato che nel libro Geppetto non aveva figli e creava Pinocchio per averne uno.
Sorvoliamo.
Sorvoliamo anche sulla presenza di Mussolini nel film, sul Conte Volpe che è una fusione orrenda della Volpe e di Mangiafuoco, sul Podestà padre di Lucignolo, sul Gatto che non c’è ma al suo posto hanno piazzato una Scimmia.
Risparmiamoci questo trippone e passiamo a Pinocchio che se ne va in giro per il mondo con lo scopo di diventare un figlio migliore.
Cosa???
Qui siamo oltre le frontiere del cringe, questa è malattia mentale!

Pinocchio è uno str***o di prima categoria, a lui non gliene frega niente di Geppetto, di studiare e di essere un bravo figlio.
Sarà la vita, saranno gli errori e le amare punizioni che riceverà, sarà il sacrificio a farlo cambiare e trasformarlo in un bambino vero come la Fata Turchina aveva predetto.



Ma tant’è, questo Pinocchio è rebel e non vuole diventare un bambino.
Non dice neanche palle, il naso lungo glielo ha fatto Geppetto quando lo ha intagliato, è un errore estetico.
C’è di più. Come spiega Del Toro, Pinocchio non deve cambiare perché nessuno deve essere accettato per qualcosa di diverso da quello che è.
Mi sento di fare un appunto: Pinocchio è un romanzo di formazione.
Non è una storia gender fluid, omosex, bisex, tutto il sex possibile.
Pinocchio non si guarda allo specchio desiderando di mettersi addosso una gonna, non si firma con una X, non ha Genitore 1 e Genitore 2.
È un’altra storia, un’altra cosa.

E chiudo sulla dichiarazione di Del Toro che ha detto in un’intervista di non aver voluto creare il Pinocchio di Carlo Collodi ma uno suo.
Conclusione mia: potevi chiamarlo Paco, crearti una storia per ca**o tuo ambientata in Messico o dove accidenti volevi, piazzarci dentro tutto il cringe possibile ed eravamo a posto.
Amici come prima.
Ma questa boiata no.

Ps: opinione di mia nonna.
“Se Carlo Collodi fosse ancora vivo, signor Del Toro, sicuramente l’avrebbe presa a schiaffi talmente questa oscenità rovina la sua opera.
Si vergogni di aver rovinato un libro così bello.”



6 commenti:

  1. Io non ho visto il film e non so se lo vedrò, Ma è chiaro che se uno fa l'ennesimo pinocchio è per inventarsi un suo punto di vista, che di pinocchi collodiani c'è n'è una caterva ormai. Poi può riuscire o meno la reinvenzione (mi pare di capire che per te non sia riuscita, o sbaglio? 😁). ma farlo pari pari per me non avrebbe senso.
    E poi, io che son cresciuto con i cartoni, cartoni, quelli disegnati a mano, devo dirti che alcuni film con i personaggi di plastilina sono davvero belli. Per me

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  2. Pinocchio è uno solo, non esiste un Pinocchio diverso da quello di Collodi. Del Toro poteva spaziare e reinventare storie legate al suo paese e alla sua cultura, non si rovina un capolavoro. Io la penso così😊

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  3. Penso che se non finiranno di rovinare Pinocchio, potrei anche fare una strage.
    Ciao!

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  4. Il film non l'ho visto, mi sono rifiutata così come non ho visto l'adattamento Disney con la Cantatrice Calva al posto della Fata Turchina.
    Per me Pinocchio è uno solo, quello di Collodi e penso che la fiction con Nino Manfredi lo rappresenti benissimo.
    Baci!

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  5. Ci riagganciamo a Biancaneve 2024.
    Roviniamo la letteratura classica e la sua bellezza (con tutti i pregi e i difetti) in nome di una cultura distorta post 200 che non porta da nessuna parte.
    Ciao.

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