Avete presente quelle caramelle dure, un po’ troppo zuccherose al punto da risultare stucchevoli che a un certo punto sei molto felice di averle finite?
Bene.
Questo è quello che mi rimane del film Dopo Oliver, di Dan Levy.
Bene.
Questo è quello che mi rimane del film Dopo Oliver, di Dan Levy.
Sulla carta la trama sembrava convincente: Marcus detto Mark (ma perché che era pure un bel nome? Il personaggio è in ogni caso interpretato dal regista del film) rimane vedovo, il giorno della Vigilia di Natale, del marito Oliver.
Passa un anno e Marcus, assieme ai suoi amici Sophie e Thomas, deve imparare a tornare a vivere ed elaborare il suo lutto.
In teoria, dicevo, andava bene.
In pratica è come la caramella di cui sopra.
L’apertura del film è composta da quasi 15 minuti di inutilità. Bella villa londinese da ricconi, festa con fiumi di alcol e ca**ate varie per far capire che tutto va bene.
Poi un incidente che non si vede e quindi cade già l’empatia.
Non una lacrima da parte di Marcus, niente.
La sola cosa che cambia la palette dei colori del film, che rimarrà fredda per il resto del film.
Vediamo un Marcus molto pratico e sbrigativo che chiede all’amico (ed ex, perché hanno scopato per qualche mese quindici anni prima della narrazione) Thomas di vivere con lui e si va avanti di un anno.
Così, come se niente fosse.
Qui, su consiglio degli amici (parolone grosso, poi ve lo spiego), Marcus apre il biglietto di Natale che Oliver gli aveva lasciato e scopre che il marito aveva un amante.
Bene, dico io! Finalmente vedremo qualche reazione forte, vedremo la rabbia perché a nessuno piace sapere che il marito (o la moglie) defunto ci metteva le corna come se non ci fosse un domani.
Invece no.
Sempre serafico tipo “tutto normale quassù, tutto bene”, Marcus se ne va a Parigi portandosi dietro Sophie e Thomas.
Vediamo un Marcus molto pratico e sbrigativo che chiede all’amico (ed ex, perché hanno scopato per qualche mese quindici anni prima della narrazione) Thomas di vivere con lui e si va avanti di un anno.
Così, come se niente fosse.
Qui, su consiglio degli amici (parolone grosso, poi ve lo spiego), Marcus apre il biglietto di Natale che Oliver gli aveva lasciato e scopre che il marito aveva un amante.
Bene, dico io! Finalmente vedremo qualche reazione forte, vedremo la rabbia perché a nessuno piace sapere che il marito (o la moglie) defunto ci metteva le corna come se non ci fosse un domani.
Invece no.
Sempre serafico tipo “tutto normale quassù, tutto bene”, Marcus se ne va a Parigi portandosi dietro Sophie e Thomas.
E qui abbiamo il peggio.
La prima notizia allucinante è che Marcus dice che lui e Oliver erano una coppia aperta.
OMG, il solito cliché dei gay che devono fornicare ovunque sennò non sono felici.
Io ho amici gay, due dei quali convivono da anni, strafedeli.
Gay o lesbica non significa per forza persona infedele.
Poi arriva il momento in cui nel film prendono il sopravvento gli amici di Marcus, che ha incontrato un affascinante tipo di nome Theo e tu vorresti sapere se potrà nascere qualcosa ma no.
Il regista dice no.
Così ecco Thomas, il gelosone invidioso e frustrato che non ha una vita sua perché da 15 anni rompe le palle a mezzo mondo con un’immaginaria storia d’amore mai realizzata.
E poi c’è lei, Sophie, il prototipo della neofemminista eterosessuale: veste come Elodie, straparla senza sapere cosa dice, vuole essere una donna forte e indipendente che si comporta come un uomo (abominio!) ed è prossima alla cirrosi epatica visto che beve davvero molto poco.
E, ciliegina sulla torta, abbiamo anche il momento stucchevole: Marcus parla con Luca, il ballerino (e ancora con il cliché che se fai il ballerino devi per forza essere gay!) per cui Oliver era pronto a lasciarlo e...
E lo perdona.
Con affetto e sincerità. Non arriviamo all’abbraccio ma poco ci manca.
La prima notizia allucinante è che Marcus dice che lui e Oliver erano una coppia aperta.
OMG, il solito cliché dei gay che devono fornicare ovunque sennò non sono felici.
Io ho amici gay, due dei quali convivono da anni, strafedeli.
Gay o lesbica non significa per forza persona infedele.
Poi arriva il momento in cui nel film prendono il sopravvento gli amici di Marcus, che ha incontrato un affascinante tipo di nome Theo e tu vorresti sapere se potrà nascere qualcosa ma no.
Il regista dice no.
Così ecco Thomas, il gelosone invidioso e frustrato che non ha una vita sua perché da 15 anni rompe le palle a mezzo mondo con un’immaginaria storia d’amore mai realizzata.
E poi c’è lei, Sophie, il prototipo della neofemminista eterosessuale: veste come Elodie, straparla senza sapere cosa dice, vuole essere una donna forte e indipendente che si comporta come un uomo (abominio!) ed è prossima alla cirrosi epatica visto che beve davvero molto poco.
E, ciliegina sulla torta, abbiamo anche il momento stucchevole: Marcus parla con Luca, il ballerino (e ancora con il cliché che se fai il ballerino devi per forza essere gay!) per cui Oliver era pronto a lasciarlo e...
E lo perdona.
Con affetto e sincerità. Non arriviamo all’abbraccio ma poco ci manca.
Poi tutto si chiarisce, Marcus fa pace coi suoi amici, la vita ricca di Londra riprende e ognuno per la sua strada fino a una mostra dei capolavori di Marcus che ha ripreso a dipingere che però non dice e non conclude niente.
Theo?
Boh, chiameremo Chi l’ha visto.
Ultimo ma non meno importante, Luke Evans nei panni di Oliver.
Ma come, hai fatto un film magnifico come Nostro figlio e poi vesti i panni del maritino infedele da coppia aperta?
No, non ci siamo.
Dopo Oliver non è da buttare, alla fine è una fiera dei buoni sentimenti.
Il problema è che il film non genera empatia.
Anzi, procura un certo distacco.
Distacco perché al giorno d’oggi è impossibile riconoscersi in una vita sopra le righe, estremamente agiata, senza i problemi che hanno i comuni mortali, un’esistenza di lusso che consente a Marcus, Sophie e Thomas di soffermarsi su di loro tutto il tempo necessario per risalire la china della vita in uno sfondo da miliardari.
La sensazione che ci dona il film è quella di avere assistito a qualcosa di incompleto, che sta fuori dal mondo delle persone normali.
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