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Conclave: ecco come si rovina un romanzo

C’è un problema di comprensione e comunicazione, ormai ne sono arcisicura.
Un regista decide di fare un film su un libro.
Lo legge e ci sono le (rarissime) volte in cui il regista capisce cosa c’è scritto nel libro e realizza un grande film per due motivi: ha seguito il libro alla lettera (Via col vento), oppure ha creato una storia mille volte migliore del romanzo (Lo squalo).
Ma la stragrande maggioranza delle volte il regista legge il libro, il cervello si spegne e viene fuori una ciofeca.
Per fare un complimento.



La schifezza in questione, stavolta, è Conclave di Edward Berger che rovina alla grande e a man bassa il bellissimo thriller di Robert Harris.
La scusa è la seguente: il romanzo di Harris ha fatto il suo tempo, perciò “occorreva snellirlo e riportarlo ai giorni nostri”.
Ca**o, e io che stavo ancora a chiedermi perché i ragazzini protagonisti di IT si erano magicamente spostati negli anni 80, perché la Sirenetta è di colore, perché Severus Piton sarà anche lui nero, perché ci sono gay ovunque, perché i sette nani non si possono chiamare nani...
Eh, ma che fessa sono!
È tutta una questione di tempi.
Bene, allora rifacciamo Via col vento dove voglio Rossella O’Hara giapponese con Rhett Butler di colore e Mami svedese, il tutto ambientato sulle Dolomiti.
Perché sono i tempi a dettare le mode, ma tu guarda!


E quindi eccoci qua con degli attori di talento sprecati, una storia senza mordente e delle differenze che deviano in modo pauroso dal libro.
Che già, diciamolo, Robert Harris ti rende la vita facile se sei un regista in quanto è quel genere di romanziere che accompagna il lettore passo passo, che mostra ogni dettaglio, che non lascia le cose in sospeso.
Basta leggere e mettere in scena.
Giusto?
No, evidentemente no.
E dunque partiamo con le colossali differenze che, a mio parere, hanno fatto cadere il film in basso.

LA MANCANZA DI DETTAGLI
Chi ha letto il romanzo sa benissimo che Harris non lascia nulla al caso.
Dalla piccola macchia di dentifricio sulle labbra del Papa appena defunto, da Lomeli che nota che gli occhiali non sono al loro posto, dalla pronuncia dei nomi dei cardinali del conclave e via dicendo.
Nel film i dettagli sono assolutamente secondari e questo fa perdere quel fascino che, nelle pagine del romanzo, ci conduce ai colpi di scena (e non sono pochi) della storia.

LOMELI E BELLINI NON POSSONO ESSERE ITALIANI
Guerra all’Italia, ecco il secondo tema del film. 
Nel romanzo Lorenzo Lomeli, cardinale lombardo, dirige il conclave dove la grande sfida è fra i due cardinali italiani: Aldo Bellini il liberale e Goffredo Tedesco il conservatore.


Invece, siccome sono in pochi secondo il regista, a conoscere i cognomi italiani, era meglio trasformare Lomeli in un Thomas Lawrence qualsiasi (in ogni caso Lorenzo era il nome del cardinale e non il cognome), mentre Bellini diventa americano perché così si abbraccia meglio la cultura del XXI secolo.
Forse il regista non sapeva che il libro è uscito nel 2016, non certo nel 1516, a meno che di colpo non siamo piombati nell’anno 3000 e non mi hanno avvertita.
La giustificazione numero due è stata quella che, con personaggi americani, gli attori che hanno interpretato Lawrence e Bellini si sarebbero sentiti meglio nella loro interpretazione.
Peccato che non stiamo parlando di due sconosciuti ma di Ralph Fiennes e Stanley Tucci: da due professionisti, mi aspetto che sappiano interpretare anche personaggi lontani dalla loro cultura di origine.
Altrimenti, prego, si cambia lavoro.

AGNESE ONNIPRESENTE
Nel libro ci sono delle suore, che lavorano un po’ come donne tuttofare durante il conclave, sono le sorelle dell’associazione Don Vincenzo de Paoli, capitanate da suor Agnese che nel romanzo c’è ma non occupa uno spazio così grande come quello che le viene dato nel film.
Suor Agnese diventa Agnes, per andare incontro ai gusti degli americani, e viene interpretata da Isabella Rossellini che spazia nel film senza sosta rendendo la narrazione un po’ troppo lenta per i miei gusti.



MANCANZA DI DETTAGLI PARTE DUE
Il romanzo, dicevo, è colmo di dettagli e anche di spiegazioni storiche.
Bellissimo lo scorcio relativo alla stanza delle lacrime, a come funzionano le votazioni, c’è persino una parte inerente a come si crea il colore delle fumate.
E i dettagli sono utili per scoprire scandali e sottotrame (le notti insonni di Lomeli sono una parte essenziale, nel romanzo, così come le sue conversazioni con Benítez).
Nel film tutto questo è marginale, i colpi di scena arrivano e se ne vanno così, senza senso, e i dettagli tanto importanti vengono lasciati alla conoscenza dello spettatore: se sa, bene, altrimenti ciao e arrivederci.

L’AUTOBOMBA
Nel film c’è un’autobomba, nel romanzo no.
Certo, non mancano i casini e tanto meno gli attacchi ai luoghi di culto cristiani, ma l’autobomba non esiste.
Si vede che il regista è un nostalgico di Unabomber.



IL NUOVO PAPA 
A conclave iniziato arriva, trafelato e un po’ smarrito, Vincent Benítez nominato cardinale in pectore dal defunto Papa.
Benítez è un personaggio molto particolare: filippino, rappresenta quindi una fetta minore della chiesa, è poco noto perché ha trascorso buona parte della sua vita tra le missioni in Congo e nelle Filippine, ad aprire case famiglia e ad aiutare malati e vittime di guerra.
Inoltre è cardinale di Baghdad.
Ma nel film no, perché Kabul di questi tempi è meglio, fa più figo.
Inoltre... che dire, nel film è filippino?
Ma va!
Il regista decide che è meglio un messicano, un tipo tutto d’un pezzo, perché di questi tempi (vedere la Marvel) le etnie mesoamericane (come quelle dei neri) sono perfette per il delirio woke.


Eh già, peccato che Benítez nel libro è filippino per due ragioni: la cultura arretrata del suo paese, che non lo porta a capire (se non quando è tardi) che il suo “stato di salute” non è poi tanto “normale” (ma ci si può convivere senza problemi) e l’aspetto del cardinale Benítez infatti è descritto come esile, piccolo di statura (infatti non gli va bene nemmeno una veste), femmineo nonostante il suo essere uomo.
E ci sarà un motivo, ca**o!
Ma no, preferiamo “Messico e nuvole”.

Così, vado controcorrente e dico che questo film è stato deludente, per niente all’altezza delle aspettative del romanzo.
Peccato.



6 commenti:

  1. A me ha dato fastidio la macchietta di Cardinale disegnata da Castellitto.. anche nel romanzo è così grezza?

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  2. Ciao Franco, nel libro i cardinali sono descritti in modo diverso da Lomeli che è il narratore della storia, hanno molto più spessore. Se ti piace il genere ti consiglio di leggere il libro.

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  3. Il romanzo, che peraltro ho riletto di recente, è un thriller elegante e impeccabile dove Lomeli è non solo la voce principale ma anche lo specchio per misurare il valore spirituale dei probabili futuri pontefici.
    Ho provato a vedere il film, quando ho sentito "Lawrence" ho spento Sky.
    Fra l'altro, appunto mio, Fiennes è sprecato nel ruolo di Lomeli perché non è suo.
    Ti abbraccio.

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  4. Ottima recensione, grazie

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