Cinetelevisionando :   Film  -  Serie TV  -  L'angolo della tumefazione


Sherlock... che dire? È inguardabile (caro Watson)!

Benedict Cumberbatch era divino nella parte di Khan, l’antagonista per eccellenza del capitano James T. Kirk nella fantastica serie di Star Trek.
Ma nel ruolo di Sherlock Holmes proprio non ci siamo.



Eccomi qui per parlarvi della serie tv Sherlock, andata in onda fra il 2010 e il 2017 con quattro stagioni e alcuni episodi speciali.
Però prima chiariamo un concetto.
A casa mia serie televisiva significa episodi che spaziano dai 20/25 minuti della sit-com per arrivare ai 40/45 minuti di una serie di diverso genere.
Se ogni singola puntata mi varia dall’ora e mezza alle due ore, non è una serie ma sono dei film.
Detto questo, analizziamo Sherlock.

LONDRA

Londra è senza dubbio la protagonista della serie.
La fotografia è quasi tutta incentrata sulla città, seguendo l’ambientazione contemporanea della serie che rivisita in chiave odierna alcuni dei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle.
La città emerge in ogni suo monumento, via, angolo, anfratto.
Emerge così tanto che a un certo punto avverte il contrasto con le altre ambientazioni, alle quali non viene data sempre la giusta importanza.
Particolare importante: l’appartamento 21B di Baker Street non è il vero appartamento, è una scenografia creata ad hoc per la serie.
Questo ha fatto storcere il naso non solo agli inglesi ma anche a molti appassionati di Sherlock Holmes, sottoscritta compresa.



SHERLOCK

Cumberbatch è bravo, dicevo, ha fatto film davvero molto belli.
Il problema è che lo Sherlock che hanno pensato per lui è troppo deviato rispetto al personaggio di Doyle.
Rasenta la schizofrenia e non sto scherzando.
È a tratti isterico, spesso somiglia fin troppo al suo cugino americano protagonista di Elementary, ha parecchi sbalzi d’umore, è dipendente dal fumo.
Non si riesce bene a seguire il suo percorso di risoluzione di un caso, dal momento che a volte gli autori svolgono tutto in fretta e il ragionamento sembra tirato fuori come un coniglio dal cilindro.
Il suo rapporto con Watson è fin troppo altalenante.
E soprattutto Sherlock non è gay, cosa che invece nei romanzi si evince senza troppi problemi (ed eravamo nel 1800, cazzo!).
Steven Moffat, uno dei creatori della serie, afferma che Sherlock è come gli angeli: privo di ogni genere di sessualità (evidentemente Moffat non ha mai visto Supernatural).
Così mi chiedo: che senso ha privare Sherlock Holmes della sua sessualità negli anni Duemila?
Più che un passo avanti, è uno scivolone indietro.

IL QUEERBAITING

Eccoci appunto alla questione del queerbaiting.
Sherlock è gay, punto e basta. Il professor Moriarty era il suo compagno, poi le cose sono andate a rotoli e questo genera una tensione nel loro rapporto che va ben oltre il gioco “investigatore contro villain”.
E poi c’era Watson, a generare alto fuoco.
Nella serie non c’è un bel niente, se non un’amicizia non ben chiarita fra Sherlock e Watson che lascia lo spettatore insoddisfatto.
E dunque?
È assurdo: si infila il tema lgbt dove non c’entra niente, lo si lascia perdere là dove invece è essenziale.
Non ha senso.


IL COLORE SBAGLIATO

Ovvero il giallo.
La saga di Sherlock è uno dei capisaldi del genere giallo, questo è un dato di fatto.
La figura di Sherlock ha contribuito a creare tanti altri brillanti investigatori libreschi e del grande schermo come Hercule Poirot, Miss Marple, Ellery Queen, Guglielmo da Baskerville, Maigret, Jessica Fletcher, il tenente Colombo, Magnum P.I. e persino Grissom di CSI, solo per citarne alcuni.
Invece in questa serie il giallo non esiste, spesso i casi sono inesistenti o addirittura già risolti prima ancora dell’inizio della puntata.
È veramente impossibile passare sopra un difetto come questo.

I FLASHBACK

Troppi!
Già dalla prima stagione se ne era intravisto qualcuno, in stile margheritine a marzo.
Ma dalla seconda sono spuntati come funghi!
Va bene, il flashback ogni tanto può essere una scelta narrativa interessante, ma non si può farne il messo per raccontare ogni puntata.
Così prevale subito la noia.



MORIARTY

Cosa avevano in testa gli autori quando hanno rovinato il personaggio di James Moriarty?
Dov’è finito il professore freddo, cinico, dai molti cortesi ma taglienti, l’ex compagno (perché si evince, amici miei) di Sherlock che non può vivere né con lui né senza di lui?
Dov’è finito il genio del crimine, il burattinaio che tira le fila di ogni omicidio?
È sparito, al suo posto c’è una checca isterica narcisista che rasenta il ridicolo e non riesce a imporsi sulla scena.
Rispetto al vero Moriarty, non mi ha trasmesso niente.

IL PROBLEMA FINALE

Eccolo, il problema finale.
La serie in sé e per sé, come è stata realizzata.
Sono d’accordo con Martin Freeman, che ha interpretato Watson, quando ha affermato che la aspettative hanno avvelenato il set e hanno spinto gli autori a realizzare un prodotto mediocre pur di non scontentare il pubblico.
In definitiva, si poteva fare davvero di meglio.



3 commenti:

  1. La serie non l'ho vista ma il problema delle aspettative alte ha ucciso molte altre serie e quindi credo anche io che il fallimento di Sherlock sia dovuto a questo.
    Prendi il Trono di spade (non so se lo hai visto) oppure il remake di Beverly Hills 90210: hanno avuto il medesimo problema e alla fine non sono andate bene.
    Ciao, Alex :-)

    RispondiElimina
  2. Sono d'accordo con te su molti punti, in particolare sul queerbaiting: Cumberbatch non è gay, perciò volergli dare questa connotazione ha molto irrigidito il personaggio, che secondo me sarebbe stato benissimo invece con La Donna, sembravano una coppia perfetta.
    Moriarty l'ho trovato stupido, non dico altro.
    Mi sono fermata alla stagione 2, per noia.
    Baci.

    RispondiElimina
  3. Qui salto a piè pari, io ho visto i film con Robert Downey Jr. e la vecchia serie che amo moltissimo.
    Ti abbraccio.

    RispondiElimina