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The Menu

È da un po' che con i film non vivo un periodo colmo di gaudio: o sono le mie aspettative a essere troppo alte, o sono le pellicole a essere mal realizzate.

Tutto inizia con un trailer che promette davvero bene.
Siamo in un ristorante, con uno chef che sembra nascondere qualcosa.
Un ristorante dove, almeno così fa presupporre il trailer, forse si fanno cene alla Hannibal Lecter.
E una ragazza che sembra sapere troppe cose.
Questo, almeno sulla carta, prometteva il trailer del film The menu, con Ralph Fiennes e Anya Taylor-Joy.



Lo hanno definito horror, thriller, satira.
Io ho un altro tipo di definizione: una schifezza.
L’unica cosa in cui il trailer ci ha preso è questo ristorante di lusso, su un’isola deserta spiaggiata da qualche parte nell’oceano, dove i clienti pagano la bellezza di 1250 dollari per “consumare un’esperienza”.


Cosa succede in questo film?
Per 40 minuti niente. Ma niente di niente.
Lo chef Slowik si diletta a presentare piatti (dei quali viene pure riportata la lista degli ingredienti in sovraimpressione, un po’ come nella serie Hannibal) a un gruppo di dodici commensali fra i quali c’è la critica che non capisce nulla di cucina, il leccapiedi, un trio non ben comprensibile di truffatori finaziari che lavorano per il proprietario del ristorante (che non è lo chef), l’attore fallito, il riccone che tradisce la moglie con le giovani prostitute, il food lover e Margot, la prode “figlia del pueblo” degna del Che che cambierà le sorti del film.
Ci avete creduto?
Margot non cambia un bel niente, fidatevi.
A un certo punto, più o meno ai tacos, viene fuori che la squadra che lavora per Slowik sembra più una rete di spie alla Mission Impossible perché sanno tutto di tutti (eccetto di Margot) e quando, finalmente, il sous chef si ammazza compiendo la sua pietanza Massacro io esulto dicendo “ecco, adesso accade qualcosa!”.
E invece no.
Tra improbabili duelli alla Kill Bill, un’impiccagione e discorsi privi di senso, viene fuori che lo chef deve avere subito un trauma (forse legato alla perdita della moglie e del figlio, la quale però non è accertata) e ha intenzione di uccidersi insieme al suo staff e a tutti i clienti che devono pentirsi per le proprie colpe (quali?).
Margot invece si salva, colta da un'improvvisa illuminazione, dicendo allo chef che la cena aveva fatto schifo e sfilandolo a prepararle un doppio cheeseburger con patatine fritte (taglio sia dritto che ondulato) di cui non lo rietene capace.
Lo chef esulta, si illumina, prepara il doppio cheeseburger con formaggio americano e patatine dal doppio taglio, concedendo a Margot di salvarsi la vita.
Il doppio cheeseburger simbolo della libertà e del cibo proletario che non si mangia ma si gusta: cittadini di Brescello, riunitevi!


Va bene, sono d’accordo anche io che questi chef moderni non sanno cucinare un bel niente e che la cucina concettuale non vale un ca**o rispetto a un piattazzo di spaghi della nonna, ma che cosa c’entra questo con il film?
Non capisco, non vedo nemmeno la lotta di classe.
Se a me piace mangiare due spaghi e a un altro la capasanta sul sasso di mare con vero sale dell’oceano ed erbettine di stagione, che cambia?
Il film se ne va così.
Niente thriller, niente horror, nessuna spiegazione.
Avrei a questo punto preferito uno chef psicopatico con una brigata di cucina altrettanto fuori di testa che offrono ai commensali le carni delle loro vittime, con i poveri clienti che devono salvarsi: almeno sarebbe stato un film divertente.



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